Il disastro della sanità calabrese, lo scioglimento per mafia e debiti per un miliardo: il "no" di Cotticelli al dissesto per l'Asp reggina

REGGIO-ASPdi Mariateresa Ripolo - I conti non tornano e i risultati si vedono. In un momento storico in cui la sanità è sotto la lente d'ingrandimento, in quanto "palcoscenico" di un'epidemia di portata mondiale, i dati sulla gestione (disastrosa) delle aziende sanitarie calabresi non possono passare in secondo piano, ma anzi diventano utili per capire perché in Calabria il diritto alla salute è così fortemente compromesso.

Un miliardo di euro di debito per l'Asp di Reggio Calabria. Sullo sfondo un quadro tutt'altro che cristallino a fronte di uno scioglimento nel 2019 per infiltrazioni della 'ndrangheta.

Una cifra esorbitante che viene così quantificata: «Cause civili e commerciali che ammontano a € 928.286.104,5; Cause di lavoro che ammontano a € 23.028.393,69; Contenzioso pendente "possibile o remoto" con indice di soccombenza molto basso la cui possibilità è stimata inferiore al 10%, pari a € 34.520.242,65». In una comunicazione del Commissario ad Acta Saverio Cotticelli datata 21 maggio 2020, il generale respinge la richiesta di dissesto avanzata in data 6 giugno 2019 dai commissari straordinari Carolina Ippolito, Giovanni Meloni e Domenico Giordano.

Il "no" è fragoroso ed è giustificato dal fatto che la «dichiarazione di dissesto determinerebbe il blocco dei pagamenti di tutte le posizioni debitorie pregresse degli attuali fornitori, con non pochi problemi per l'erogazione degli attuali servizi sanitari, nonché il blocco di tutte le risorse pregresse 2018 e ante da destinare all'Azienda». Inoltre, si legge nel documento a firma di Cotticelli non viene riconosciuta «L'incapacità funzionale, ossia l'inidoneità dell'ente a svolgere le funzioni e ad erogare i servizi indispensabili» in quanto «la Regione - si legge - assicura i trasferimenti correnti continui e mensili delle rimesse afferenti al FSR per permettere all'Azienda di continuare ad erogarle nonostante le manifestate difficoltà».

Dieci giorni di tempo, dalla data di ricezione della comunicazione per mettere in chiaro «a stretto giro quali iniziative sono state avviate e quali attività sono in corso riguardo alla formale ratifica e/o approvazione dei bilanci d'esercizio» dal 2013 al 2018 «la cui adozione non è più procrastinabile – viene specificato – e la cui mancanza, si ribadisce, non consente tra l'altro alla Regione di predisporre ed adottare i relativi Bilanci». Un invito insomma a determinare «con certezza l'esposizione debitoria pregressa».

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Assenza di bilancio dal 2013 al 2018. Le condizioni economiche in cui riversa l'Asp di Reggio Calabria sono determinate da anni di attività torbide sul bilancio, condizioni che poi si ripercuoto in concreto nelle fortissime carenze strutturali e a livello di servizi di cui soffre la sanità reggina, e che si possono ben comprendere alla luce di un'acclarata assenza di controllo, «un caos organizzativo e gestionale», scrivono nella richiesta di dissesto i tre commissari che parlano di «reiterate irregolarità nella gestione dei bilanci» e di «una manifesta e reiterata incapacità di gestione», con un settore economico-finanziario «connotato di fortissime criticità, quali l'omessa approvazione dei bilanci a decorrere dal 2013, la mancata tenuta di scritture contabili obbligatorie ed una ingente esposizione debitoria aggravata dall'incapacità dell'azienda di avere esatta contezza dei debiti pregressi e di provvedere tempestivamente al pagamento degli stessi».

Lo scioglimento per 'ndrangheta. Nel 2019 lo scioglimento di ben due Aziende Sanitarie Provinciali calabresi ha permesso di delineare un quadro alquanto preoccupante a fronte degli ingenti profitti economici che spingono la criminalità organizzata ad interessarsi al settore sanità. L'Asp di Reggio Calabria e quella di Catanzaro, le uniche due su tutto il territorio nazionale ad essere interessate dal provvedimento straordinario di commissariamento durante lo scorso anno. In quest'ottica la relazione trasmessa dal Ministero dell'Interno sulle attività delle Commissioni straordinarie nel 2019, si sofferma in particolar modo sulle criticità presenti in quella della provincia reggina, mettendo in luce i nodi sul piano amministrativo ed economico-finanziario.

«Gravi irregolarità gestionali e generale carenza di controlli», si legge. Spicca, come sottolineato anche dai commissari straordinari, la pochissima, anzi inesistente, trasparenza nella gestione delle finanze «caratterizzata - si legge nel report sul sito del Ministero - da un elevatissimo indebitamento, del quale è risultata difficile persino la stessa quantificazione, e da un contenzioso ormai "incontrollabile", anche a ragione di un "impenetrabile" disordine amministrativo». Difficilissimo, dunque, anche per la triade commissariale destreggiarsi nel "caos organizzativo e gestionale" di cui loro stessi hanno fatto riferimento, considerando, si legge ancora nel report: «l'inesistenza di un registro del contenzioso, che vede l'azienda convenuta in una serie di innumerevoli procedimenti civili, penali e amministrativi, ha rappresentato un grave vulnus informativo che la commissione ha cercato di superare – per quantificare il contenzioso già definito e monitorare quello pendente – con un immane work in progress che ha fatto emergere l'impossibilità di avere certezza della reale situazione e ha posto in luce che nel 95% delle cause l'azienda è rimasta contumace».